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I GRADI BABO ED IL QUASI AMICO BUBU


Per capire se l’uva è pronta per la raccolta, e soprattutto non appena finita la vendemmia, inizia uno strano rito che vede come protagonista una specie di grande termometro che utilizza i cosiddetti gradi Babo. Onestamente non avevo mai sentito questa parola, e vuoi per la distruzione fisica ed emotiva della prima raccolta, il mio cervello iniziò a cercare di capire chi potesse essere questo Babo, che faccia avesse e in generale, come diavolo gli fosse potuto venire in mente di inventarsi una cosa così strana. Preso poi dal delirio di contestualizzare sempre persone e situazione, ho smesso di seguire gli sguardi seri di Roberto che intanto imprecava contro “il Tramontano”, la stagione troppo calda ed in generale per come teniamo le vigne, e mi si è materializzato un ometto sui 50 anni, di media statura, con un po’ di pancetta, ma in fondo sempre con rassicuranti valori di colesterolo. Affetto da calvizie, le sue difficoltà con l’altro sesso, derivavano più dalla forfora sparsa abbondantemente nei pochi capelli superstiti. Ma si, penso che vivesse con l’anziana madre, malata ormai da tempo e che l’accudisse amorevolmente. Impiegato del comune di Rüsselsheim nell’Assia, aveva la passione del vino, e la sera, messa a letto l’anziana, si dedicava al suo progetto di inventare qualcosa di importante e di far contenta l’adorata madre. Cosa che dopo vari tentativi, e svariati anni gli riuscì, dando il nome ai gradi Babo in suo onore e ottenendo così l’Immortalità che era diventata la sua vera ossessione dopo aver letto Milan Kundera anche se con molta fatica. Peccato però che nel frattempo l’adorata madre non fosse più in condizioni di capire il successo del figlio. Si, arrivato a quest’ora, potrebbe essere così.


Ma le cose chiaramente sono andate diversamente, in quanto in realtà, dopo una breve ricerca, ho scoperto trattarsi di un certo August Wilhelm von Babo figlio di un barone imperiale austriaco (un nobile vero eh, non nel senso di un gran farabutto) vissuto nella fine dell’ottocento e che vantava illustri chimici, enologi ed altro in famiglia. Insomma, diciamo pure un figlio d’arte, e con un viso, a giudicar dal suo ritratto, che ispirava la stessa empatia di una ginocchiata nelle parti basse. In pratica perfezionò strumenti precedenti e sviluppò una procedura per definire il contenuto zuccherino contenuto nel mosto, di cui il grado Babo è l’unità di misura.




E a che serve? Se non ho capito male, il che dopo 7 anni sarebbe piuttosto preoccupante, conoscendo il contenuto zuccherino del mosto e quindi la loro maturazione, abbiamo una stima approssimativa del grado alcolico che si otterrà e che ci permette di monitorare il processo di fermentazione e conoscere lo zucchero residuo non trasformato in alcol. Insomma una cosa piuttosto seria e non proprio trascurabile.

Ok, ma il quasi amico Bubu che c’entra?

Preso dalle allucinazioni di anidride carbonica in cantina, ad ogni vendemmia, mi viene in mente l’immensa compagnia in Versilia dei nostri vent’anni, e tra questi, amico o fidanzato con una nostra amica, non ricordo, conoscemmo un ragazzo di Milano soprannominato Bubu. E quindi? Niente, solo che in questo periodo mi torna in mente e penso che in fondo, se non fosse stato per la distanza, saremmo potuti diventare buoni amici!




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